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lunedì 29 giugno 2020

Recensione: "I giorni del ferro e del sangue" di Santi Laganà



Titolo: I giorni del ferro e del sangue
Autore: Santi Laganà
Casa editrice: Mondadori 
Collana: Omnibus
Pagine: 564
Prezzo: 19,50


Voto: 3/5
Patrimonio di San Pietro, 960 d.C. Sul trono papale siede un adolescente perverso e corrotto, ciò che resta dell'Italia indipendente è allo sbando dilaniata da lotte intestine e le campagne sono una terra di nessuno dove la violenza e il sopruso la fanno da padroni. Anna è una contadina di quindici anni che conduce un'esistenza misera e asservita. Quando la sua famiglia viene trucidata e l'ultimo fratello rapito per essere ridotto in schiavitù, decide di continuare a vivere per inseguire quell'ultimo brandello di affetti e, sorretta da una volontà indomita, inizia una dolorosa peregrinazione per terre sconosciute e ostili, tra aiuti misericordiosi e feroci violenze. Nel suo tormentato cammino incontrerà un cavaliere dall'oscuro passato e un improbabile presente, un vecchio dall'aria mansueta che nasconde insospettabili risorse e un giovane vagabondo sfrontato e generoso: una strana compagnia con cui cercherà di farsi giustizia fin dentro i palazzi più segreti di Roma. Ambientato in uno dei periodi meno conosciuti e più bui della nostra Storia, I giorni del ferro e del sangue è un affresco senza filtri né retorica di un'epoca brutale quanto affascinante, ma anche la straordinaria parabola di una memorabile protagonista: una giovane donna che nel più maschilista dei mondi non si rassegna a un destino già scritto e tenacemente lotta per conquistarsi il diritto a una vita migliore.
I giorni del ferro e del sangue è un romanzo duro, crudo, indubbiamente pesante. L'autore infatti non nasconde e non cerca di addolcire le sofferenze che le persone povere e indifese, soprattutto le donne, provavano in quel periodo storico buio e crudele, ma le descrive anche con minuzioso interesse, quasi provasse piacere nel mostrarle al suo pubblico. 
Se devo essere onesta, proprio per questo motivo ho fatto abbastanza fatica a procedere con questo romanzo, proprio perché tutta la sofferenza patita dalla protagonista mi ha creato grossi problemi nell'apprezzare il romanzo. 
La trama infatti non nasconde che il romanzo sia esplicito, ma penso sarebbe stato meglio avvertire il lettore con dei trigger warning, perché ci sono scene molto esplicite di stupri, che per la mia sensibilità in particolare, avrei preferito dover non leggere. 

Nonostante questo, è stato molto interessante leggere il percorso di Anna, la protagonista, che all'inizio dell'opera subisce la perdita del padre e dei fratellini più piccoli, mentre il fratello più grande viene preso prigioniero come schiavo. Nonostante ci siano molti esempi, all'interno del romanzo, di persone povere e poco istruite che accettano la vita povera e triste che spetta loro, senza lamentarsi o cercare di cambiare la loro situazione; Anna si mostra al contrario una ragazza brillante ed ingegnosa, che riesce a sopravvivere con le sue forze, caparbia e molto determinata. 
La ragazza infatti intraprende un lungo viaggio per ritrovare il fratello Martello e grazie alle sue conoscenze delle erbe mediche e commestibili, ma anche alla sua abilità con le trappole, riesce a procurarsi abbastanza cibo per sopravvivere.
Nel suo viaggio Anna incontra sia persona crudeli che si approfittano di lei vedendola come una ragazza debole e sola, sia invece persone fidate che vedranno in lei non solo una bella ragazza, ma anche una persona forte e determinata e, affezionatisi a lei, decideranno di aiutarla nella sua impresa impossibile.
Nel suo viaggio così l'accompagnano Arnolfo, un cavaliere solitario e di poche parole; Ezio, un vecchio che si descrive come "mercante, filosofo, educatore, ruffiano e cortigiano", dal cervello fino e dalla lingua lunga; e infine Furio, un giovane contadino e cacciatore, che si affeziona ad Anna e alla compagnia, una compagnia che a prima vista risulta assolutamente improbabile. 

Dal punto di vista storico, il romanzo è molto accurato e mi ha colpito la grande attenzione che l'autore ha posto nelle sue descrizioni della campagna romana, ed è straordinaria la sua conoscenza delle erbe e delle piante e del loro utilizzo come medicinali nel medioevo. L'unica inesattezza storica che ho incontrato è stata la menzione di una nutria, animale che in teoria è arrivato in Italia agli inizi del '900, ma forse esiste un altro animale che nel medioevo veniva chiamato nutria? Nel caso, comunque, è stato un errore abbastanza grossolano, secondo me. 

Il romanzo mostra con molta precisione la vita delle persone in quel periodo buio e critica in particolar modo la Curia romana, i cui membri sembrano essere tutti votati ai vizi e ai peccati e dediti ai piaceri del corpo, e anche i religiosi più pii come padre Giuliano, che aiuta Anna a stabilizzarsi all'inizio del suo percorso, devono soccombere al volere di questi cardinali, più interessati ai soldi e al benessere che alla beneficenza verso i poveri. 

Nonostante la sofferenza generale e il velo di pessimismo che vige sull'intero libro, è stato molto interessante leggere di questo periodo storico, ma non ho apprezzato allo stesso modo la scrittura dell'autore, che se da una parte è molto semplice ed elementare - e quindi permette al lettore di continuare il libro senza particolari difficoltà - dall'altro lato è abbastanza piatta e non mi ha trasmesso, personalmente, in modo sufficiente il pensiero e le emozioni dei personaggi, che non mi sono sembrati descritti a 360 gradi, ma più che altro abbozzati nei loro tratti più importanti.

Detto questo, I giorni del ferro e del sangue è un buon libro, ma la scrittura e la descrizione costante e quasi ossessiva dei dolori e delle sofferenze mi hanno lasciato l'amaro in bocca, e i personaggi non mi sono sembrati così convincenti da permettermi di potermi affezionare a loro. 

Detto questo, se volete leggere il parere di altre persone, vi consiglio di leggere le recensioni degli altri fantastici blog che hanno partecipato al review party con me!







giovedì 25 giugno 2020

Recensione: "Momo" di Jonathan Garnier e Rony Hotin



Titolo: Momo
Autori: Jonathan Garnier (sceneggiatura) e Rony Hotin (disegni e colori)
Casa editrice: Tunuè
Collana: Tipitondi
Data di uscita: 25 giugno 2020
Pagine: 176
Prezzo: 16,90


Voto: 5/5
Momo è una bambina di 5 anni, vive con la nonna in un piccolo villaggio portuale della Normandia. Di tanto in tanto la bambina va sul ponte per riuscire a vedere la barca del padre, marinaio d’altura obbligato dal lavoro a passare lunghi periodi in mare. Alla morte della nonna il pescivendolo del paese si rifiuta di affidare la piccola ai servizi sociali e si offre di ospitarla a casa sua fino al ritorno del padre. Questa esperienza la porterà a misurarsi con il mondo esterno.
Con Momo, Jonathan Garnier e Rony Hotin ricompongono l’indimenticabile fragranza dell’infanzia. Il tempo degli amici, le scoperte, le piccole sciocchezze, la grande felicità e il dolore. Il tempo anche di una costante meraviglia che a volte vanifica le realtà del mondo degli adulti.

Quando ho chiesto alla Tunuè di poter organizzare l'evento per Momo, una graphic novel pluripremiata in Francia, ero stata attirata dal disegno di copertina e dalla trama, ma non mi aspettavo di innamorami così tanto di quest'opera. 
Momo infatti è una graphic novel splendida e di una sensibilità unica, che riesce ad unire il mondo dell'infanzia, così puro nella sua magia, con il mondo adulto ed esterno, fondendo le due realtà in maniera unica e speciale. 

Momo, la protagonista, è una bambina di 5 anni che vive con la nonna. La madre sembra averla abbandonata, mentre il padre lavora come pescatore d'altura, e per questo passa molti periodi in mare. Momo, seppur piccola, sente dentro di sé questo abbandono, anche se ama il padre e la nonna più di ogni altra cosa al mondo. La presenza della sola nonna però non sembra abbastanza, e Momo cresce indipendente e abbastanza "selvatica", come ogni bambina di 5 anni che esplora il mondo esterno. 
La nonna, unica àncora di Momo, però, all'improvviso viene a mancare e la bambina rimane sola, senza nessuno che possa prendersi cura di lei. Il pescivendolo della città, vecchio amico del padre, decide allora di tenerla con sé fino al suo ritorno, e la bambina, che aveva sempre visto quest'uomo come un vecchio cattivo che odia i gatti, scopre che non tutto è come sembra: l'uomo è in realtà una persona molto dolce, che si prende cura del senzatetto della città e che vive con moltissimi gatti in casa, un uomo buono che conserva i disegni che Momo gli ha fatto in negozio per pagare il pesce e che di nascosto è in verità molto affezionato alla piccola. 
Momo infatti è speciale e tutti sembrano affezionarsi a lei.

Nella storia, infatti, la bambina diventa amica di tanti personaggi diversi tra cui per esempio troviamo Françoise, una ragazza adolescente di città che deve passare l'estate in compagnia dei nonni e che si affeziona molto a Momo. La ragazza infatti la difende quando pensa che la bambina stia venendo attaccata da Tristan e la sua banda, ma in verità anche Tristan, che si atteggia da duro, si rivela un ragazzo molto dolce e i due giovani inizieranno a frequentarsi e ad apprezzare la compagnia reciproca. 

Questa graphic novel è davvero speciale, al suo interno ho ritrovato quella stessa atmosfera magica che ho riscontrato solo nei film dello Studio Ghibli, dato che solo i giapponesi riescono a mescolare umorismo, gravità e momenti contemplativi all'interno di una stessa opera. 
Effettivamente, però, Jonathan Garnier per Momo si è ispirato proprio alle fotografie di una bambina giapponese, Mirai-chan, soggetto di una serie di fotografie di Katari Kawashima e molti riferimenti all'interno della graphic novel vengono da film od opere giapponesi. 

Quest'opera mi ha davvero colpito in profondità come non succedeva da tanto tempo, i vari temi che la percorrono sono profondi ma raccontanti in modo leggero. Il rapporto con la nonna, i personaggi, l'ambientazione normanna... tutto viene a creare un mix di cui sono sicura non potrete far altro che innamorarvi. 

Parlando poi del fumetto in sè, i disegni sono molto belli, i colori dolci e tendenti al crepuscolare, che creano proprio un atmosfera di sogno, in cui sembra di sentire una vecchia ninna-nanna francese in lontananza. 

Non posso che consigliarvi, infine, di prendere Momo ed amarlo quanto l'ho amato io, affezionandovi a tutti i personaggi, ma in particolare a quella bambina così forte e coraggiosa che è Momo. 







giovedì 18 giugno 2020

Blogtour: "I giorni del ferro e del sangue" di Santi Laganà



Buongiorno lettori!
Oggi è tempo di presentarvi un romanzo storico tutto italiano: I giorni del ferro e del sangue pubblicato il 16 giugno da Mondadori e scritto da Santi Laganà, un avvocato e bancario in pensione, nato a Reggio ma che da molti anni vive nella campagna romana, proprio la zona in cui è ambientato questo romanzo crudo e violento, che descrive con estrema chiarezza e senza pietà la vita delle donne e dei poveri contadini delle campagne durante il Medioevo.

Ecco qui la trama


Patrimonio di San Pietro, 960 d.C. Sul trono papale siede un adolescente perverso e corrotto, ciò che resta dell'Italia indipendente è allo sbando dilaniata da lotte intestine e le campagne sono una terra di nessuno dove la violenza e il sopruso la fanno da padroni. Anna è una contadina di quindici anni che conduce un'esistenza misera e asservita. Quando la sua famiglia viene trucidata e l'ultimo fratello rapito per essere ridotto in schiavitù, decide di continuare a vivere per inseguire quell'ultimo brandello di affetti e, sorretta da una volontà indomita, inizia una dolorosa peregrinazione per terre sconosciute e ostili, tra aiuti misericordiosi e feroci violenze. Nel suo tormentato cammino incontrerà un cavaliere dall'oscuro passato e un improbabile presente, un vecchio dall'aria mansueta che nasconde insospettabili risorse e un giovane vagabondo sfrontato e generoso: una strana compagnia con cui cercherà di farsi giustizia fin dentro i palazzi più segreti di Roma. Ambientato in uno dei periodi meno conosciuti e più bui della nostra Storia, I giorni del ferro e del sangue è un affresco senza filtri né retorica di un'epoca brutale quanto affascinante, ma anche la straordinaria parabola di una memorabile protagonista: una giovane donna che nel più maschilista dei mondi non si rassegna a un destino già scritto e tenacemente lotta per conquistarsi il diritto a una vita migliore.

Per celebrare la sua uscita, Cronache di Lettrici Accanite ha organizzato, grazie alla Mondadori che ci ha gentilmente fornito una copia omaggio del libro, un blog tour e un review party e oggi il mio compito è parlarvi dei protagonisti di questo romanzo: 


  • ANNA è la protagonista del libro, una giovane ragazza di quindici anni che per la sua bellezza e la florida età viene ricercata dalla curia romana, dedita al vizio e al peccato. Anna per pura fortuna si salva dall'attacco, ma la sua famiglia viene trucidata e il fratello maggiore, Martello, viene preso come schiavo. Anna è una ragazza intelligente, conosce le erbe mediche e commestibili, ma la sua inesperienza e bontà le sono fatali in un mondo così maschilista e che ormai non conosce altro che sofferenza e dolore.
  • ARNOLFO è un cavaliere solitario dal passato misterioso e dal futuro incerto che salva Anna dall'attacco di due uomini. Il cavaliere si affeziona rapidamente alla ragazza e, ascoltata la sua tragica storia, decide di accompagnarla e di aiutarla, offrendole la sua spada come protezione. Alla fine del libro si scopre che serve il re d'Italia, nemico del papa Giovanni, che però si sta ritirando per paura dell'ascesa di Ottone dalla Germania. 
  • EZIO è un uomo piuttosto anziano che si descrive come "mercante, filosofo, educatore, ruffiano, cortigiano". Abile con le parole, ateo e dall'intelligenza acuta, è un personaggio davvero particolare in quell'universo dove vivono uomini gretti ed ignoranti che si rifugiano nella loro povertà come se fosse uno scudo. Anche lui si unisce ad Arnolfo e ad Anna per liberare Martello.
  • FURIO è un giovane avventuroso e molto in gamba, abile con l'arco. Innamoratosi di Anna, senza però essere ricambiato, si unisce anche lui a questo gruppo sgangherato per arrivare a Roma e liberare Martello. 
  • PADRE GIULIANO è un religioso pio e buono, ancora legato ai veri precetti della cristianità, che aiuta Anna quando la giovane disperata, appena perduta la famiglia, viene a chiedergli aiuto. Richiamato a Roma dal cardinale Diogo, il religioso non riesce a sopportare la situazione della curia romana, dedica ai piaceri terreni e per nulla interessata al benessere dei fedeli. 

Eccoci qua, questi sono i personaggi principali del romanzo, che conoscerete meglio una volta che avrete intrapreso la lettura di questo romanzo storico!
Vi auguro una buona lettura e non posso che suggerirvi di recuperare gli altri approfondimenti su questo libro!



mercoledì 17 giugno 2020

Blogtour: Asimov e la tv

Buongiorno lettori!



Per celebrare l'uscita del meraviglioso Oscar Draghi del Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov (finalmente l'opera completa in un unico volume!), io e altre meravigliose blogger stiamo organizzando un Blog Tour e un Review Party in suo onore. 
Il mio compito, oggi, non è parlarvi di questo favoloso autore di fantascienza e dei suoi grandi meriti, o delle sue fantastiche opere - tutte cose che leggerete negli altri articoli delle mie colleghe - ma di parlarvi delle trasposizioni cinematografiche dei suoi scritti. 

Nonostante Asimov sia stato un autore molto proficuo e abbia scritto sulle 500 opere, tra romanzi e racconti, in verità non è stato molto sfruttato dal cinema e dalla televisione e ci sono pochissime trasposizioni dirette delle sue opere. Asimov e le sue leggi sulla robotica, però, sono rimasti un caposaldo  della letteratura e le sue geniali invenzioni hanno influenzato tutti i successivi scrittori e registi di fantascienza, potremmo senz'altro dire, senza esagerare, che la fantascienza come la conosciamo oggi senza di lui non esisterebbe. 

Il primo film che sicuramente viene in mente è Io, robot diretto da Alex Proyas nel 2004 e con protagonista Will Smith. Il film è ispirato liberamente all'omonima raccolta di Asimov del 1950 che contiene 9 racconti scritti fra il 1940 e il 1950. Questi racconti hanno come protagonisti i robot positronici ed è proprio in questa raccolta che Asimov elabora le sue famosi leggi della robotica: 
1. Un robot non può recar danno a un essere umano nè può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve ubbidire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge. 
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. 
I racconti sono indipendenti gli uni dagli altri e hanno tutti come tema l'interazione tra gli esseri umani e i robot positronici, prendendo sempre come spunto le leggi della robotica. 
Il film con Will Smith, come abbiamo detto, è tratto da quest'opera, ma la concezione della robotica di Asimov è stata liberamente reinterpretata. 
Ci troviamo a Chicago nel 2035 e i robot positronici, cioè i robot che rispettano le tre leggi della robotica, sono ormai un articolo comune e alla portata di tutti, mentre il mondo aspetta l'arrivo sul mercato dei nuovissimi NS-5, prodotti dalla U.S. Robots, azienda leader della robotica. Il protagonista, il detective Del Spooner,che non apprezza però particolarmente questi avanzatissimi robot, viene chiamato sulla scena del suicidio del dottor Alfred Lanning, fondatore della U.S. Robots. Insieme alla dottoressa Susan Calvin inizia ad investigare, ritenendolo un omicidio e arrivando a pensare che il colpevole possa essere stato proprio un robot. 
Nonostante sia basato su Io, Robot, il film riprende alcuni concetti che appartengono ad altri romanzi o racconti del vastissimo universo di Asimov come Il robot scomparso, Conflitto evitabile, I robot e l'impero o Sogni di robot.

Il secondo film tratto da un'opera di Asimov è L'uomo bicentenario, diretto nel 1999 da Chris Columbus e con protagonista il fenomenale Robin Williams.
Il film è tratto dall'omonimo racconto scritto nel 1976, insignito del Premio Hugo e del Premio Nebula. Pubblicato in occasione del bicentenario degli Stati Uniti, fa parte appunto dell'Antologia del bicentenario e fu considerato da Asimov il suo miglior racconto sui robot positronici. 

Il film ripercorre l'esistenza di Andrew Martin, uno dei primi prototipi di robot positronici (modello NDR-114), che viene acquistato nell'aprile del 2005 come robot di servizio. Nonostante l'iniziale diffidenza, il robot viene lentamente accettato dalla famiglia ed è molto amato soprattutto dalla figlia più piccola, con la quale stringe un legame molto forte. Andrew, bel presto, scopre di possedere emozioni e reazioni che sono del tutto inaspettate per un robot e di essere dotato di una innata capacità per l'intaglio del legno. Più il tempo passa, più il robot impara la vita degli umani e più cerca di assomigliare ad un umano, acquistando un aspetto umano e guadagnandosi da vivere con le sue costruzioni in legno. Andrew alla fine lotterà fino alla fine per essere considerato, in tutto e per tutto, un essere umano.
Le differenze tra il film e il racconto non sono moltissime, ma nella trasposizione cinematografica è stata aggiunta, ovviamente, una storia romantica tra il robot e la nipote della "piccola miss", la sua padroncina. 


Al contrario di quello che si possa pensare, invece, il film Viaggio allucinante del 1966 e diretto da Richard Fleischers non è tratto direttamente dal romanzo di Asimov, ma la casa di produzione commissionò successivamente allo scrittore di scrivere un romanzo omonimo a partire dalla sceneggiatura del film. 

Per quanto riguarda il Ciclo della fondazione, invece, è stata annunciata una serie tv dallo stesso titolo, Foundation, che approderà prossimamente su Apple TV+, ma la cui produzione è stata interrotta a causa del COVID-19 e riprenderà appena inizierà la Fase 3. 

Eccoci qua! Questo è tutto!
Spero che vi sia piaciuto il mio approfondimento e non posso far altro che rimandarvi agli altri articoli del Blog Tour!






giovedì 11 giugno 2020

Recensione: La Città di Ottone


Titolo: La Città di Ottone
Autore: S. A. Chakraborty
Casa Editrice: Mondadori
Data di uscita: 16 giugno 2020
Pagine: 528
Prezzo: 22 euro

Voto: 5/5

[Ringrazio la Mondadori per avermi permesso di poter leggere il romanzo in anteprima]

Egitto, XVIII secolo. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un'abile guaritrice e di saper condurre l'antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori. Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all'interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L'arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

Quando ho saputo che questo romanzo sarebbe stato portato in Italia dalla Mondadori, il mio cuore ha urlato di gioia. Amo le ambientazioni arabe e medio-orientali e avevo sentito parlare così bene di questo romanzo che non vedevo l'ora di poterlo avere tra le mani. Fin da bambina, infatti, il mondo arabo mi ha sempre affascinato e non vedevo l'ora di poter leggere uno young adult che mi potesse riportare in quel mondo. E beh, non posso dire di essere rimasta delusa, anzi, credo sia uno dei libri più belli che ho letto quest'anno. 

La storia è narrata attraverso due punti di vista. La protagonista è Nahri, una giovane ragazza che vive al Cairo e che per sopravvivere ruba in giro e inganna le persone. Nahri sembrerebbe la solita ragazza orfana che vive nei sobborghi e che cerca in tutti i modi di mettere in bocca un pezzo di pane, ma, come Aladdin, anche lei nasconde qualcosa di speciale: è in grado di guarire magicamente, sia se stessa che gli altri. 
La ragazza, nonostante questi straordinari poteri, non ha mai creduto nella magia e soprattutto non ha mai creduto nei jinn. Questo, almeno, finché per puro caso non invoca Dara, un potente jinn che nasconde un misterioso passato. Accortosi che Nahri non è umana come sembra, Dara cerca di portare la ragazza nella favolosa città di Daevabad, la patria dei jinn, per salvarla dagli ifrit, dei demoni che la stanno cercando e vogliono ucciderla. 
In questa città regna la famiglia al Qahtani, che secoli or sono riuscì a togliere il potere ai Nahid, e la storia di questa famiglia ci viene narrata attraverso il punto di vista di Ali, il figlio minore del re, che ha una grande simpatia per gli shafit, la popolazione metà umana e metà jinn, cittadini di serie b che non possiedono gli stessi diritti dei jinn purosangue.

Sia Nahri che Ali sono i protagonisti della storia e, inizialmente nemici, iniziano a fare amicizia nel corso del romanzo. Entrambi credono in diversi punti di vista e fanno parte di due diverse tribù jinn, ma l'autrice è in grado di descriverli a trecentosessanta gradi. Tutti i personaggi del romanzo, infatti, non sono nè buoni nè cattivi, ma nascondono al loro interno una grande profondità. 
Il romanzo infatti mette in scena situazioni complesse che ricordano la situazione attuale del razzismo: gli shafit vengono normalmente strappati dalla famiglia fin da bambini e cresciuti come schiavi, non hanno possibilità di far carriera o di avere posizioni lavorative di rilievo, e soprattutto, non possono lasciare la città. Una situazione purtroppo piuttosto attuale che viene narrata con molta intelligenza dall'autrice, che descrive in modo perfetto il personaggio di Ali, che è diviso fra il dovere verso la famiglia, che cerca in tutti i modi di mantenere questo delicato equilibrio, e l'alleanza con il Tanzeem, l'organizzazione segreta che cerca di migliorare le condizioni sociali degli shafit, se necessario anche con la violenza. 

Il libro infatti è ricco, come Daevabad, di misteri e cose non dette, che portano a colpi di scena incredibili, che lasciano il lettore a bocca aperta. 
Il romanzo poi è ricchissimo di particolari: l'autrice infatti descrive in modo incredibile questa città magica e i suoi misteri, ma le mie parti preferite del libro sono state sicuramente gli intrighi di palazzo, che hanno reso il romanzo così affascinante. 
Le lotte sociali, gli intrighi e i misteri sono davvero tanti, ma ben uniti nella trama. Il lettore non si sente mai sopraffatto da essi, ma rimane sempre padrone della situazione, una cosa che ho apprezzato notevolmente. 

Non so neanche dire cosa NON mi è piaciuto di questo libro: il ritmo è incalzante ma mai troppo veloce, i personaggi sono realistici, le situazioni sempre interessanti, le descrizioni precise ma mai troppo eccessive... questo libro è scritto bene, non posso farci nulla. 
Ho amato l'ambientazione orientale, la trama, i dilemmi morali dei protagonisti, le lotte sociali, come viene affrontato il tema della guerra, l'uso della magia...
Dara, il jinn che protegge Nahri, è sicuramente il personaggio più interessante della storia e quello sicuramente più controverso, non vi dico di più per non farvi spoiler, ma il suo passato è stato segnato dalla violenza e, per tutti questi motivi, più che un romanzo per giovani adulti, potrebbe essere benissimo un libro per adulti, dal momento che non nasconde e non addolcisce nessun dettaglio. 


Se volete leggere un fantasy affascinante e ben scritto questo è esattamente il libro che fa per voi!


Spero che la mia recensione vi sia piaciuta e, nel caso, vi consiglio di recuperare anche quelle degli altri blogger che partecipano all'evento. 




mercoledì 10 giugno 2020

Recensione: Figli di Virtù e Vendetta



Titolo: Figli di Virtù e Vendetta
Autore: Tomi Adeyemi
Casa editrice: Rizzoli
Data di uscita: 9 giugno 2020
Pagine: 432
Prezzo: 18 euro


Voto: 4/5


Dopo aver combattuto contro l'impossibile, Zélie e Amari sono finalmente riuscite a far rivivere la magia a Orïsha. Ma il rituale per risvegliarla si è rivelato più forte di quanto avrebbero potuto immaginare, e ha riportato alla luce non solo i poteri dei maji, ma anche quelli dei nobili che avevano della magia nel loro sangue. Ora Zélie deve lottare per unire i maji in una terra dove il nemico è potente quanto loro. Quando reali ed esercito stringono una mortale alleanza, Zélie deve tornare a combattere per assicurare ad Amari il trono e per proteggere i nuovi maji dall'ira della monarchia. Ma con la minaccia di una guerra civile all'orizzonte, Zélie si trova a un punto critico: dovrà trovare un modo per riunire il regno oppure lasciare che Orïsha venga distrutta da se stessa.

Quando lessi Figli di Sangue e Ossa, il primo romanzo di questa saga, il mio pensiero fu: "è okay, carino, ma solo okay". Il libro infatti aveva i soliti difetti che contraddistinguono un romanzo d'esordio: uno stile di scrittura incerto, personaggi con dei tratti specifici e poco analizzati, una trama abbastanza lineare... ma era comunque carino, e il finale mi aveva lasciato con il fiato sospeso. Insomma, mi aveva comunque abbastanza conquistato da voler continuare a leggere anche il seguito, e devo dire che ho fatto proprio bene, perché questo libro si trova una spanna sopra rispetto al suo precedente. 
Sono molto contenta di essermi di nuovo immersa nel mondo di Orïsha; è bellissimo infatti leggere romanzi ambientati in Africa, dal momento che ce ne sono così pochi, ed è stato molto interessante anche scoprire tutti i nuovi lati inerenti la magia e la mitologia del territorio. 

Nel libro precedente avevamo lasciato Amari e Zélie dopo che quest'ultima era riuscita a compiere il rito per riportare indietro la magia, un rito che forse ha funzionato anche troppo bene, perché, come scopriamo dopo, ha ridato la magia anche ai nobili che l'avevano persa in passato e che vengono spregiativamente definiti "titan". 
I maji si trovano così in pericolo ancora una volta, questa volta spaventati e colpiti dalla stessa magia che la monarchia ha cercato per anni di distruggere, ma che adesso utilizza per conquistare il potere. La regina Nehanda, la madre di Amari e Inan, in particolare, è una titan molto potente, quasi imbattibile, e la vittoria dei maji sembra farsi in questo modo ancora più lontana. 
Per potere avere una speranza, alcuni maji si raccolgono in un gruppo segreto terroristico, che prende d'assalto la capitale del regno. In una lotta senza fine tra la monarchia e i maji, i personaggi dovranno capire quanto sono disposti a spingersi per avere la vittoria e il potere, a comprendere quanto costa combattere. 

Il mio personaggio preferito del libro è stata sicuramente Amari, un personaggio che commette diversi errori in questo romanzo, che combatte per riavere il trono che le spetta come diritto, arrivando talvolta a spingersi oltre il lecito. La ragazzina indifesa del primo romanzo infatti è quasi sparita: ci troviamo di fronte ad una ragazza che sa quello che vuole, a una titan molto potente. La lotta che c'è nel cuore di Amari si riflette anche in Zèlie. Mentre Amari vuole combattere e fare tutto il possibile perché Orisha sia unita, la maji ha perso ormai troppe persone care per voler continuare a lottare, vuole fuggire, vuole dimenticare, ma questo non le viene concesso. Come "soldatessa della morte" (è così infatti che viene chiamata tra i maji) è suo compito guidare i maji che ancora sono rimasti e vogliono riprendersi quello che gli spetta.
I personaggi quindi sono molto più analizzati rispetto al primo romanzo, hanno momenti di luce e momenti di buio, non sono puri e perfetti, e secondo me questo è il loro punto di forza. 

Ho trovato poi lo stile di scrittura molto più fluido rispetto al primo libro e, come in quello, ho apprezzato l'utilizzo di capitoli corti, che ti permettono di andare più veloce nella lettura. 
Se c'è forse qualcosa che non ho apprezzato è che alcune cose riguardanti la magia e i vari poteri non vengono spiegate molto bene e che alcuni interventi magici sembrano essere inventati sul momento per risolvere la situazione tragica dei maji. 
Il romanzo però è molto potente e l'ho trovato molto più interessante e scritto molto meglio rispetto al primo, che secondo me si dilungava troppo. 
I temi affrontati in questo romanzo, la descrizione dei personaggi... tutto sembra mostrare un miglioramento nella scrittura dell'autrice. 
Ho stranamente apprezzato in questo romanzo anche le storie d'amore, che nel primo romanzo mi avevano lasciato abbastanza indifferente. 

Il romanzo, in generale, è un ottimo libro e un ottimo seguito. Continua perfettamente la storia precedente e lascia, con un finale a sorpresa e un cliffhanger da paura, spazio per il prossimo libro, che non vedo l'ora di leggere e avere tra le mani. 

Spero che la mia recensione vi abbia incuriosito e spinti ad acquistare il libro se eravate indecisi. 
In tal caso, buona lettura!


venerdì 5 giugno 2020

Blog Tour: 5 motivi per leggere La città di Ottone


Buongiorno lettori!
Nel post di oggi voglio darvi cinque motivi per leggere un romanzo di prossima uscita Oscar Vault e ambientato in un meraviglioso mondo medio-orientale: La città di Ottone, scritto da S.A. Chakraborty. 





EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.
Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

Quali sono i motivi per leggere questo romanzo? Scopriamoli subito!

1) L'AMBIENTAZIONE 

Per caso fin da quando avete mosso i primi passi vi siete innamorati di quelle favole ambientate in oriente e popolate da geni nelle lampade o da tappeti volanti? Per caso sin da quando avete scoperto le videocassette avete visto così tante volte Aladdin da rovinare il nastro, mentre cantavate: "Le notti d'oriente..."? 
Se fin da piccoli siete stati appassionati di storie ambientate negli affascinanti paesi esotici e medio-orientali, beh, questo è il romanzo perfetto per voi. 
In questo libro, infatti, incontriamo tutti gli elementi che caratterizzano i fantastici racconti de Le Mille e una Notte come appunto i sultani, i tappeti volanti, i piccoli ladruncoli nei bazar, le oasi immerse nel deserto... ma soprattutto i potenti jinn, esseri magici creati dal fuoco, in grado con un solo schiocco di far sparire intere civiltà. Questo romanzo, in particolare, ha il grande pregio di non parlare dei jinn in modo superficiale, ma di raccontare in molto approfondito la loro creazione. Per sapere di più sui jinn, vi raccomando di leggere il prossimo approfondimento sul blog Cronache di lettrici accanite.

2) I PERSONAGGI

Il romanzo è narrato attraverso due punti di vista differenti: quello di Nahri, una giovane ragazza del Cairo che rubacchia per sopravvivere, ma che sotto sotto nasconde dei poteri fenomenali; e quello di Ali, il principe della città favolosa di Daevabad. Non potrebbero essere due personaggi più diversi, per il comportamento e intenzioni, ma entrambi sono ben caratterizzati e scritti talmente bene che, anche se sono così diversi, il lettore non può fare a meno di innamorarsi di entrambi. Anche gli altri personaggi, da quelli più importanti come Dara, il jinn che protegge Nahri, di cui vediamo due diverse personalità all'interno del libro e che nasconde un oscuro passato, a quelli meno importanti, beh, nessuno è un personaggio completamente buono o completamente cattivo, e penso che questa ricchezza di dettagli dei personaggi sia proprio ciò che fa de La città di Ottone un grande libro. 

3) LA MAGIA

La magia è parte integrante del libro: la protagonista già all'inizio della storia presenta strani poteri, è in grado di guarire e di percepire le malattie, ma più si va avanti nella storia e più la magia imperversa nella trama. A parte i jinn infatti incontriamo diverse creature magiche (di cui leggeremo di più nell'approfondimento di Sogno tra i libri) come i peri o i maridi, creature potentissime. 
La città di Daevabad è poi impregnata di magia, essa infatti è invisibile agli occhi umani con un velo che la protegge e all'interno della città la magia vive grazie agli abitanti jinn, portandoci in un mondo diverso dal nostro, ricco di incantesimi che non riusciremmo neanche ad immaginare. 

4) LE QUESTIONI SOCIALI

In questo periodo di rivolte sociali negli Stati Uniti, non posso non consigliarvi di leggere questo libro prima di tutto per scoprire la cultura e la mitologia del popolo arabo, per poter uscire, per una volta, dal mondo occidentale e europeo-centrico. Grazie a questo libro infatti entriamo in contatto con la religione musulmana e il mondo arabo, che molto spesso vengono viste con un occhio sbagliato. Questo libro ci mostra quanto ricca e affascinante può essere la loro cultura, assolutamente non inferiore alla nostra. 
La stessa storia, poi, ci porta ad osservare diverse questioni sociali, come quella che riguarda gli shafit, dei mezzosangue nati dall'unione di uomini e jinn, che nella città di Daevabad vengono considerati dei cittadini di seconda classe e per cui il principe Ali si batte affinché vengano migliorate le loro condizioni sociali. 

5) I MISTERI 

Questo libro è ricco di domande senza risposta, di misteri e di colpi di scena: un vero piacere per chi legge. Quando sembra che un mistero sia stato risolto, puff, ecco che ne compare un altro che ti lascia senza fiato.
Per non parlare poi del finale, che si conclude con un colpo di scena che ti lascia interdetto e eccitato di avere tra le mani il secondo libro. 


Ecco qui, questi sono i motivi per cui, secondo me, dovreste leggere questo meraviglioso romanzo, che vi appassionerà e che non riuscirete a posare sul comodino senza averlo finito. 
Buona lettura!